(ANSA) - MILANO, 28 MAR - Mentre "è in discussione la
possibilità" di usare ancora nelle indagini penali il sistema
trojan, ossia le captazioni informatiche inoculate nei
dispositivi come i cellulari, "per noi resta uno strumento
preziosissimo di lavoro" e "anche in questa indagine è stato
decisivo, anche se non era un'inchiesta di mafia o terrorismo,
senza il trojan saremmo rimasti solo al livello dei prestanome".
Lo ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Laura Pedio nel
corso di una conferenza stampa, assieme tra gli altri al
procuratore Marcello Viola, per illustrare il maxi blitz della
Gdf che ha portato a 22 arresti e al sequestro di quasi 300
milioni di euro per frodi fiscali e bancarotte messe in atto
attraverso una rete di consorzi e cooperative sull'asse
Italia-Cina.
Pedio ha parlato del "fenomeno", che crea sempre più "allarme
sociale", delle cooperative che offrono servizi di
intermediazione di manodopera, in settori come la logistica e i
trasporti, ai grandi committenti. Cooperative, poi, fatte
fallire nel giro di un paio di anni lasciando debiti fiscali e
previdenziali. Un "fenomeno criminale ricorrente", ha aggiunto,
che "dovrebbe destare maggiore attenzione da parte dello Stato,
che si dovrebbe cercare di monitorare e prevenire. Noi qua in
Procura - ha proseguito - abbiamo stilato un protocollo con
l'Inps sulle anomalie del mercato del lavoro e ci auguriamo che
i contributi del Pnrr vadano a implementare i sistemi
informatici dell'Inps e dell'Agenzia delle Entrate e che possano
funzionare in modo più efficace per intercettare meglio questi
fenomeni". (ANSA).
La Procura di Milano: 'Fateci usare il trojan per indagare'
'Senza si rimane al livello dei prestanome'
