(ANSA) - MODENA, 06 DIC - Un giovane coccodrillo marino del
Giurassico Superiore era un pasto indigesto per i grandi
predatori di tanto da essere rigurgitato: è accaduto 150
milioni di anni fa e a ricostruire la storia sono stati due
ricercatori italiani. Giovanni Serafini,dell'Università di
Modena e Reggio Emilia, e Luca Giusberti, dell'Università di
Padova.
Studiando i resti fossili presenti nel Museo di Geologia e
Paleontologia dell'università di Padova, i due ricercatori hanno
scoperto che sono appartenuti ad un giovane esemplare di rettile
marino che è stato rigurgitato 150 milioni di anni fa: è il
primo del genere segnalato tra i suoi simili e il terzo in una
rigurgitalite in tutto il mondo.
Nel 1980 il geologo feltrino Danilo Giordano scoprì presso
Ponte Serra, in provincia di Belluno, i resti scheletrici di un
piccolo rettile teleosauroide (gruppo di animali marini prossimi
ai coccodrilli) in una lastra di Rosso Ammonitico Veronese,
formazione geologica celebre per l'attività estrattiva in
Veneto. Nonostante il reperto fosse esposto da alcuni anni al
Museo di geologia e paleontologia dell'Università di Padova,
questo aveva ricevuto poca attenzione fino al 2021.
Durante una revisione dei rettili marini del museo da parte
degli autori della ricerca, avevano notato che il reperto
presentava diverse caratteristiche inusuali: le piccole
vertebre, gli elementi del bacino e gli osteodermi (ossia gli
'scudi' ossei tipici dei coccodrilli e dei loro simili)
dell'esemplare apparivano infatti raggruppati in un'unica massa
e molto sovrapposti tra loro. Era altamente improbabile,
secondo i ricercatori, che quella particolare conformazione
fosse il risultato di processi fisici avvenuti nell'ambiente in
cui i resti si erano fossilizzati, ossia un mare abbastanza
profondo e con un fondale non interessato da correnti. Era
invece è molto più plausibile che il reperto fosse una massa di
elementi scheletrici passati dal canale alimentare di un altro
animale. Analisi geochimiche e microstrutturali condotte al
microscopio elettronico su campioni di matrice e osso estratti
dall'esemplare hanno confermato questa ipotesi. (ANSA).
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